David LaChapelle, After the Deluge, Statue. Los Angeles, 2007. Chromogenic Print. Dibond, 241×181 cm
meanwhile

Prima e dopo il diluvio | Intervista a David LaChapelle

di Alessia Delisi - Aprile 17, 2019

Originale interprete di una fotografia surrealista e pop, così in contrasto con quel minimalismo concettuale in voga tra gli anni Ottanta e Novanta, David LaChapelle è protagonista di una grande mostra romana che ne ripercorre la carriera prima e dopo la svolta del 2006. Tre domande all’artista il cui stile si è saputo imporre all’attenzione internazionale.

Quella di David LaChapelle è una fotografia per certi versi rivoluzionaria, che ha saputo distanziarsi dal minimalismo concettuale e nero tanto in voga tra gli anni Ottanta e Novanta attraverso un uso del colore festoso e scintillante. Ritrattista tra i più ricercati da divi come Madonna ed Elton John, Leonardo DiCaprio e Naomi Campbell, David Bowie e Pamela Anderson, LaChapelle giunge a New York non ancora ventenne, entrando presto nelle grazie di Andy Warhol per la cui mitica rivista Interview pubblica le prime fotografie. Le sue articolate scelte stilistiche – tese a esporre, sottolineandola, enfatizzandola, l’esteriorità dei soggetti ritratti – sono protagoniste delle oltre trenta opere in mostra dal 17 aprile al 18 giugno alla Galleria Mucciaccia di Roma. Narrazione fantastica, decorativismo, citazione colta di frammenti iconografici sottratti alla storia dell’arte, un certo gusto fumettistico e chiari riferimenti alla cronaca rosa e al kitsch: sono le linee portanti del lavoro di un artista tutt’altro che frivolo, ma non per questo interessato alle trappole dell’introspezione. Dagli esordi alle immagini scattate nel 2017 nella foresta pluviale delle Hawaii, passando attraverso le serie The Deluge e After the Deluge, che segnano un punto di svolta nel suo lavoro, la mostra traccia così una panoramica dell’avvincente percorso di LaChapelle.


D – Nel 2006, anno di produzione della serie The Deluge, si registra un cambiamento nel suo lavoro. È stata una svolta improvvisa o piuttosto un passaggio graduale?

R – Quando quell’anno sono stato a Roma per alcuni giorni ho capito che la mia vita doveva cambiare. Ricordo che mi organizzarono una visita privata alla Cappella Sistina, che qualcuno mi pagò il biglietto. Beh, vedere gli affreschi michelangioleschi è stato uno shock. La cosa che più mi piace di Michelangelo è che per lui la prova dell’esistenza di Dio è nella bellezza della natura umana. La mia ad ogni modo non è stata una vera e propria crisi, perché già da tempo volevo smettere di lavorare per le riviste di moda e ritornare al mio primo amore, ovvero i musei e le gallerie d’arte per cui avevo lavorato fino al 1984.

David LaChapelle alla Galleria Mucciaccia di Roma. Installation view

D – Gli anni tra il 1995 e il 2005 sono stati folgoranti per la sua carriera: non solo infatti ha realizzato alcune celebri campagne pubblicitarie, ma ha anche ritratto stelle del cinema, della musica, della moda e dello spettacolo. Quali altre ragioni l’hanno spinta a lasciare quel mondo?

R – Sono stati anni bellissimi: gli artisti, i designer, gli editor, le modelle… era tutto davvero stimolante e io, grazie alla mia fama e al successo, godevo di una grande libertà espressiva. Ho lasciato quel mondo, che pure ho amato moltissimo, per un bisogno quasi fisico di ricongiungermi con la natura. Ho comprato una fattoria nell’isola hawaiana di Maui e ho iniziato a curare la terra e gli animali. L’incontro con questo luogo è stato salvifico: esso mi ispira come un tempo hanno fatto la moda e i suoi luccichii.

David LaChapelle alla Galleria Mucciaccia di Roma. Installation view

D – Guardando i suoi scatti si sarebbe tentati di pensare che lei faccia largo ricorso a tecniche di manipolazione digitale, si tratta invece di un procedimento assai più “artigianale”. Può spiegarci come costruisce le sue immagini?

R- Prima di tutto c’è l’ispirazione, che viene da me stesso, dal mio intimo, e non da qualcosa di esterno. Una volta che nella mia testa ho visualizzato l’immagine che voglio realizzare, comincio a “disegnarla”: chiamo questa fase del processo “sketching”. A quel punto io e il mio staff cominciamo a costruire un vero e proprio set e a fare i casting. Esattamente come accade in una produzione teatrale.

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