Si intitola Party Politcs e vede il contributo lapidario del giornalista e scrittore Filippo Ceccarelli: è il progetto che Francesco Vezzoli presenta alla Fondazione Giuliani di Roma, tra rappresentazione politica e intrattenimento.
È una messa in scena della politica – delle sue virtù pubbliche, ma soprattutto dei suoi vizi privati – quella di Francesco Vezzoli alla Fondazione Giuliani di Roma (fino al 19 luglio). Una messa in scena resa possibile dal fatto che dagli anni Ottanta la comunicazione politica italiana è diventata sempre più ibrida, mescolando rappresentanza e intrattenimento. Party Politcs – questo il titolo della mostra – confonde quindi pubblico e privato, esplorando da un lato il declino dell’impegno politico e l’allontanamento da quella radicale idea di collettività che pervadeva gli anni Sessanta e Settanta, e dall’altro il progressivo imporsi di un’epoca segnata da edonismo e mondanità.
Del resto, se l’Italia è un paese che ha sempre e solo chiesto ai suoi politici di essere bene intrattenuta – lo scrive il giornalista Michele Masneri nel testo che accompagna l’esposizione – non mancano qui immagini di grandi intrattenitori, fotografie d’archivio – tra tutte quelle di Umberto Pizzi – di politici che pongono il proprio corpo al centro della rappresentazione mediatica, utilizzandolo non solo come canale di comunicazione, ma anche come divertissement. Ad accompagnare questi scatti, già di per sé ambigui e allusivi, le stoccate – o meglio gli epigrammi, come li ha definiti l’artista stesso – del giornalista e scrittore Filippo Ceccarelli, il cui ultimo libro, intitolato Invano. Il potere in Italia da De Gasperi a questi qua e pubblicato da Feltrinelli nel 2018, è un racconto impietoso degli ultimi settant’anni di storia d’Italia.
Ecco allora una didascalia lapidaria come I frutti maturi del socialismo pop che accompagna la fotografia di Sandra Milo nell’atto di offrire una mela al presidente della Repubblica Sandro Pertini. Oppure questa: Rosseggiava il canapè, sotto l’immagine che ritrae insieme Moana Pozzi e Giuliano Ferrara. Cornici dorate e sontuose tende rosse richiamano i migliori ritratti cortigiani di Hans Holbein il Giovane o i moderni soggetti morali di William Hogarth, citati da Vezzoli che di questo progetto è quasi più regista che autore. Cosa resterà quindi di questi anni Ottanta? È ancora il caso di domandarselo, mentre Vezzoli appende la politica al muro e noi consegniamo il nostro voto a un carosello di politici quanto meno improbabili.