Perché le frontiere cambiano è il titolo del nuovo progetto espositivo del duo Nicolò Massazza e Iacopo Bedogni in mostra dal 12 ottobre al 10 novembre alla Fondazione ICA Milano. Protagonista è la Sicilia, luogo di un’intrecciata cultura dove da sempre è condiviso il destino di popoli diversi.
Tra il 1959 e il 1974 l’artista olandese Constant Nieuwenhuys progettava una città senza confini e senza lavoro dove gli esseri umani avrebbero potuto vivere come nomadi in una gioiosa sovrapposizione di lingue e culture. Oggi che le vicende di migranti e rifugiati riempiono di sangue le nostre cronache quotidiane, la “New Babylon” di Constant appare un progetto tanto ottimista quanto ingenuo, se è vero che in un mondo globalizzato, in cui paradossalmente le merci viaggiano più liberamente degli esseri umani, non sono più le persone a sognare di attraversare i confini, ma i confini ad attraversare le persone. Il Mediterraneo, questa grande piazza d’Europa, è divenuto una superficie non liquida, ma solida, una frontiera tanto difficile da valicare quanto pericolosa, perché fuori dai confini di uno Stato–nazione i diritti e la stessa sopravvivenza di questi uomini restano drammaticamente in balia dell’ignoto.
Eppure, “le frontiere cambiano”, come recita il titolo del nuovo progetto espositivo dei MASBEDO – duo formato da Nicolò Massazza (1973) e Iacopo Bedogni (1970) – in mostra a ICA Milano dal 12 ottobre al 10 novembre. «Basta ascoltare le storie di chi viaggia per rendersene conto», spiega Alberto Salvadori, direttore della Fondazione e curatore della mostra: «gli artisti sono quei viandanti, disertori, cercatori di verità nascoste, come scrive Emanuele Trevi, grazie ai quali possiamo e dobbiamo andare oltre la convenzione del limite che una frontiera impone; ecco perché le frontiere cambiano». Protagonista del progetto è la Sicilia che, affacciandosi con le proprie tradizioni sulla piazza mediterranea, è ancora il luogo di un’intrecciata cultura, un territorio dove da sempre è condiviso il destino di popoli che sognano di far parte di una comunità più ampia di quella dei propri paesi d’origine.
Con rinnovata fiducia nel potere della rappresentazione, il duo raccoglie opere preesistenti, riedizioni e lavori inediti generati in territorio siciliano e legati alla sua complessità culturale. Elementi della storia siciliana, come la vicenda della comunità Tamil di Palermo, quella della casa di produzione Panaria Film (fondata nel 1946 dal principe Francesco Alliata di Villafranca e produttrice, tra le altre pellicole, di Vulcano di Rossellini) e come la testimonianza del sindaco di Palermo Leoluca Orlando, si fondono con riferimenti alla cinematografia di Vittorio De Seta, Ugo Gregoretti, Francesco Rosi e Luchino Visconti. Attraverso l’immagine video gli artisti rivendicano così la responsabilità della propria pratica, invitano con le loro opere a ridefinire il concetto di limite e territorio, creano percorsi aperti, restituendo la tensione e insieme il potenziale immaginifico che da sempre accompagna la riflessione sul tema delle frontiere.