Dal 3 dicembre all’8 febbraio nelle due sedi della Galleria Raffaella Cortese di Milano prende vita un dialogo tra Ana Mendieta e Anna Maria Maiolino, artiste che con motivazioni diverse hanno usato il linguaggio del corpo per affrontare i temi della politica e della sessualità, del confine labile tra spazio pubblico e sfera privata.
Per tutta la vita Ana Mendieta (Havana, 1948 – New York, 1985) ha cercato di sanare il senso di sradicamento dalla terra d’appartenenza attraverso un profondo contatto fisico con Madre Natura. Cubana, trapiantata negli Stati Uniti all’età di 14 anni all’interno dell’operazione Peter Pan (che vede bambini cubani portati in America con lo scopo di dar loro una presunta vita migliore), la sua ricerca è volta all’esplorazione della femminilità e al ritorno alla perduta consapevolezza dei cicli di morte e rinascita. Una sua selezione di film – due dei quali sono esposti per la prima volta in Italia – è ora protagonista di Source, mostra allestita dal 3 dicembre all’8 febbraio negli spazi di via Stradella 4 della Galleria Raffaella Cortese di Milano accanto all’opera fotografica e filmica di Anna Maria Maiolino.
Nonostante questi numerosi video di Ana Mendieta – 104 tra il 1971 e il 1981 – siano correlati alla sua più ampia pratica performativa incentrata sul rapporto tra paesaggio e corpo femminile, essi, osserva Laura Wertheim Joseph (che ha collaborato con la nipote dell’artista alla prima filmografia di Mendieta), sono stati ideati per essere visti come opere d’arte a pieno titolo. L’artista infatti «intendeva che lo spettatore apprezzasse il suo lavoro in un tempo futuro, né le diapositive né i film avevano funzione di testimonianza o supplemento all’azione performativa. Mendieta era cosciente del fatto che il suo lavoro risiedesse in registri materiali, temporali e spaziali diversi». Insieme a Source(1975), che tocca i temi della generazione, della nascita e della maternità, l’esposizione include anche Mirage (1974) e Birth (Gunpowder Works) (1981), dove è chiara la volontà dell’artista di ristabilire i legami che la uniscono all’Universo. «È un ritorno alla fonte materna», dirà lei stessa in seguito.
Accanto a questo alfabeto visionario e materico, magico e poetico, la galleria presenta negli spazi di via Stradella 7 e 1 Aqui e Agora, mostra che comprende lavori fotografici, scultorei e video dell’artista italo–brasiliana Anna Maria Maiolino (Scalea, 1942 – vive e lavora a San Paolo). L’interpretazione di un immaginario femminile capace di rispondere alla dittatura e alla censura del Brasile degli anni Settanta e Ottanta determina il “qui e ora” dell’esposizione, un presente eterno dove la pratica decennale dell’artista compone un vocabolario agile e denso, inconfondibile. Nella sede di via Stradella 7 sono così esposte opere storiche e recenti, in un dualismo di politica ed estetica dove la testimonianza delle azioni politiche di Maiolino in opposizione al regime dittatoriale e militare brasiliano dialoga con la serie più recente Corpo/Paisagem (Body/Landscape) (2018) che segna un passaggio dall’uso dichiaratamente politico del proprio corpo ad uno più intimo e riservato. La sede di via Stradella 1 invece ospita un indice enciclopedico dell’opera fotografica e filmica di Maiolino: fotografie e fotogrammi che permettono di viaggiare attraverso la straordinaria varietà di media con cui l’artista ha sviluppato negli anni linguaggi visivi simultanei e potenti.