Dal 12 ottobre al 6 gennaio 2020 il Museo Morandi di Bologna si arricchisce di un nuovo progetto espositivo: è Elogio dei fiori finti e vede protagonista la Factory di Bertozzi & Casoni che reinterpreta in chiave ceramica alcuni celebri dipinti di vasi di fiori realizzati da Giorgio Morandi.
La ceramica può forse fare a meno dell’arte contemporanea, ma senza l’arte contemporanea le creazioni di Giampaolo Bertozzi e Stefano Dal Monte Casoni – veri e propri capolavori di perizia artigianale – non potrebbero alludere con tanto realismo alla caducità del mondo organico e dei nostri stessi bisogni, generando nel fruitore un sentimento di orrore triviale verso l’odierna civiltà dei consumi. Succede anche al Museo Morandi di Bologna, dove dal 12 ottobre al 6 gennaio 2020 il duo si confronta con l’opera di Giorgio Morandi attraverso un gruppo di lavori che, dopo Wayne Thiebaud, Tacita Dean, Rachel Whiteread, Joel Meyerowitz e Catherine Wagner, ne restituisce la visione attraverso la specificità del linguaggio ceramico. Elogio dei fiori finti – questo il titolo dell’esposizione temporanea – reinterpreta così in chiave attuale alcuni celebri dipinti di vasi di fiori realizzati dal maestro bolognese ed esposti a Casa Morandi.
«Quello che abbiamo fatto non è mai stato in realtà riprodurre l’oggetto di un altro autore. Ma è stato sempre un modo per appropriarcene, condividerlo e abbandonarlo al suo destino», spiega Stefano Dal Monte Casoni. Vale anche per i fiori di Morandi che guardano non tanto alla caducità del fiore fresco, destinato a perdere la sua freschezza e appassire, creando quindi imprevedibili varianti, quanto al fiore di seta o a quello essiccato che mantiene inalterata la propria condizione e, al pari di qualunque altro oggetto, raccoglie polvere e produce per questo ricercati effetti tonali. A questa tipologia florale, a cui già con le sue tele Morandi aveva negato ogni fragilità, la Factory di Bertozzi & Casoni concede ulteriore vita eterna realizzando rose fatte della stessa materia dei recipienti, con il gambo volutamente lungo – Morandi invece le tagliava sotto il bocciolo e le disponeva sull’orlo del vaso, fitte come un bouquet da sposa – e i cui petali sono minacciati dalla presenza di insetti dai colori cangianti, rari come gemme preziose.
«Il nostro è il desiderio di esprimerci attraverso un linguaggio che si avvale della terra, della silice, degli ossidi. Per questo mi sento all’interno della tradizione del naturalismo storico», dice Giampaolo Bertozzi. Una tradizione rivisitata con lentezza e concentrazione per plasmare veri e propri “d’après Morandi”, esattamente come faceva Gio Ponti, che più di settant’anni fa riproponeva le celebri bottiglie del pittore, ma trafitte, ingioiellate, mascherate e addirittura abbottonate. Replicando le opere di Morandi allora, il duo non si limita a riprodurre un vaso di fiori, piuttosto dice quel vaso con le parole di un nuovo linguaggio, quello del materiale ceramico, camaleontico perché si adatta a tutte le tecniche e culture. “Rompendo i piatti” della tradizione ceramica, Bertozzi & Casoni si appropriano così del quotidiano – e di quello dell’arte in particolare – per riutilizzarlo come materiale a cui offrire nuova ed entusiasmante vita.