Il museo contemporaneo rivoluziona la sua mission consacrata alle Muse di conservazione del patrimonio culturale per ridisegnare il principio di autorità e ogni velleità di neutralità. Pure se istituzionale, il museo si propone come una piazza aperta dove sperimentare processi in divenire e condividere ricerche che nascono nelle metropoli e si alimentano della quotidianità. Lo spazio espositivo si configura, sempre più, come un’esperienza, un viaggio, un percorso da un punto A a un punto B, per dirla con una definizione dell’artista sudafricano Robin Rhode.
Mostra-manifesto e insieme melting pot dove si modella la società contemporanea, il MAXXI presenta La strada. Dove si crea il mondo, a cura di Hou Hanru: 140 artisti e oltre 200 opere tessono una narrazione multiculturale, multicolore e poliglotta delle strade di tutto il mondo. Una collezione di artisti, architetti, urbanisti e designer che, a partire dagli Anni Sessanta, hanno trasformato la strada in un’arena di battaglie intellettuali, sociali e politiche. Opere d’arte, progetti di architettura, fotografie, performance, interventi site-specific e video si succedono in gallerie organizzate per temi – la vita quotidiana, la politica, la comunità, l’innovazione, il ruolo dell’istituzione, le azioni pubbliche.
Su un grande muro si trovano i lavori di Andrea Bowers, composti da disegni e copertine di stampa di protesta antirazziale, la grande tela Tutto il resto è noia di Andrea Salvino, la cui ricerca è dedicata alla violenza della storia italiana recente, i Demonstration Drawings di Rirkrit Tiravanija e The Devil You Know di Kendell Geers, una stella a cinque punte composta con i lampeggianti delle macchine della polizia. Fino a espandersi alle strade di Roma: dalla performance How to leave Facebook di Jeremy Deller ai manifesti verdi e rossi di Alfredo Jaar che citano Antonio Gramsci.
A indagare i confini tra spazio pubblico e spazio privato, trasformando il luogo dell’esposizione in un punto di vista privilegiato dell’esperienza del quotidiano è un’altra mostra, a Milano, che ha recentemente inaugurato la programmazione di PAC dedicata alla generazione di artisti contemporanei italiani nati negli Anni Sessanta.
Quaranta opere raccontano la ricerca di Eva Marisaldi (Bologna, 1966) dagli inizi fino a oggi, senza nessuna pretesa retrospettiva né antologica. Trasporto Eccezionale è una mostra concettuale, in cui si scoprono qua e là elementi inattesi e storie di vita. Sono appunti, note, abbozzi, diari di viaggio, attraverso cui lasciarsi trasportare sentimentalmente ed emotivamente nell’arte di Eva Marisaldi, popolata da suoni, narrazioni, emozioni, gioco e poesia. Da citazioni dal teatro, dal cinema e dalla letteratura.
Bassorilievi in gesso formato cartolina, disegni riprodotti in fotocopia a terra fermati da piccoli sassi, incisioni su alluminio della dimensione di una polaroid, carta da parati realizzata prima fotografando le impronte di alcune palline da tennis e poi serigrafandole, ricami, video, oggetti insonorizzati, sculture e installazioni di grandi dimensioni: l’intero percorso è dominato da una labile relazione tra tridimensionale e bidimensionale, frammento e totalità, tra dentro e fuori. L’artista indaga le possibilità di riflessione individuale e collettiva all’interno dello spazio della mostra: le sue opere si concentrano su elementi nascosti della nostra quotidianità, trasportando lo spettatore in dimensioni altre, dove tutto rimane sospeso e dove tutto è possibile.