La pittura è un linguaggio conservatore e reazionario incapace di contribuire al progresso dell’arte o è invece una fonte di inesauribile ricchezza per quegli artisti che accettano la sfida di confrontarsi con un medium storicizzato? A Milano due mostre fanno il punto sulla situazione.
Periodicamente la pittura, e quella figurativa in particolare, viene data per morta da critici e curatori per i quali essa non è altro che un linguaggio conservatore e reazionario, incapace quindi di contribuire al progresso dell’arte. Eppure, non solo il mercato sembra dimostrare il contrario, con cifre da record battute alle aste o raggiunte nelle fiere, ma sono gli stessi artisti a sentire il bisogno di rappresentare una volta di più la realtà sulla superficie del quadro, accettando la sfida di confrontarsi con un medium che, per quanto storicizzato, appare ancora fonte di inesauribile ricchezza. In questo senso l’apertura dei limiti spaziali e temporali della pittura, attraverso l’enfatizzazione della componente performativa e la combinazione con altri media, rappresenterebbe un tentativo non di distruggerla, quanto di perfezionarla (allo stesso modo in cui l’ebook non ha ucciso il libro, ma gli si è affiancato).
Con rinnovata fiducia nel potere del dipinto di rappresentare la realtà – o di produrre una più complessa comprensione di essa – Riccardo Crespi presenta Painting Now 2, una collettiva che, a tre anni di distanza dal primo episodio, prosegue l’indagine sulla pittura contemporanea che, nelle parole dello stesso gallerista, «mai come in questo momento sta vivendo una stagione tanto ricca e proteiforme». Romain Bernini, Liselotte Höhs, Nick Hornby, Genti Korini, Marcelo Moscheta, Lisi Raskin, Roee Rosen, Marta Sforni, Veronica Smirnoff, Johanna Unzueta e Gal Weinstein sono i nomi degli artisti invitati a proporre una o più opere: la loro pratica si misura con l’archivio del tempo – come nel caso di Nick Hornby – per riflettere non già su quello che la pittura fu, bensì su quello che ancora può essere; è ricerca della tridimensionalità dell’oggetto pittorico – si vedano le creazioni di Johanna Unzueta – ed è ancora – come nelle architetture di Genti Korini e Lisi Raskin – rivendicazione della forza della pittura e della sua capacità di stabilire nuovi nessi tra figura e astrazione e tra sfondo e primo piano, prendendo, se è il caso, direzioni più articolate del semplice quadro.
Una riflessione sulla natura del dipinto e su ciò che vi vediamo rappresentato è invece quella proposta da Monica De Cardenas attraverso i quadri realizzati da Benjamin Senior con la tecnica della tempera all’uovo. Il vecchio problema della differenza tra mondo vero e mondo dipinto – tra eidos ed eidolon avrebbe detto Platone – è qui risolto a favore del mondo dipinto visto come una versione corretta e migliorata di quello reale. Armoniche ed eleganti sono infatti le figure che compongono le scene di vita quotidiana – lezioni di nuoto in piscina, passeggiate al parco o allo zoo, momenti di relax in spiaggia – ritratte dal pittore inglese. L’attenta coreografia di corpi dalla statuaria e a tratti innaturale immobilità crea inoltre una composizione equilibrata, dal realismo quasi magico, in cui anche le linee, i cerchi e i riquadri delle architetture e dell’abbigliamento contribuiscono a dare ritmo all’insieme.
Così, oltre a essere un’occasione per esibire la più recente produzione di questi artisti, le due esposizioni fanno il punto sulla situazione attuale, mostrando quell’eterogeneità tipica della pittura contemporanea che, da quando non si dettano più regole su quale debba essere la funzione dell’arte, sembra produrre una molteplicità di esiti diversi.
Comunque la si pensi, parafrasando il pittore Philip Taaffe, «you can’t kill painting».