Arriviamo in Henraux venerdì a ora di pranzo: ogni angolo brulica di attività. Decine di persone al lavoro, sotto una luce zenitale e cocente. Operai, progettisti, tecnici, artisti, tutti sanno esattamente cosa fare.
Paolo Carli, il presidente, è lì a spostare personalmente alcuni moduli di Marmeria, la libreria in marmo – ovvio! – che sarà posizionata tra poco all’interno del nuovo showroom.
Afferriamo anche noi uno straccio di cotone pulito e aiutiamo le ragazze ad asciugarne alcuni pezzi appena innaffiati d’acqua.
I fronti sui quali si lavora sono tre: l’ultimazione dello showroom pensato da Marco Casamonti che occupa l’antica segheria – una palazzina realizzata intorno al 1890 che sta come una sorta di occhio vigile a controllare il flusso dei movimenti dei blocchi di marmo che arrivano dalle Apuane per poi ripartire, lavorati, plasmati, ridisegnati, verso il mondo –, l’installazione delle opere vincitrici della quarta edizione del Premio Henraux, l’allestimento dei tavoli per la cena di gala.
Tutto dev’essere pronto per l’indomani e i lavori sono chiaramente in ritardo, ma a nessuno passa neanche per la testa che non si riescano a concludere in tempo.
Siamo arrivati in Versilia da Milano con Edoardo Bonaspetti, il nuovo presidente del Premio di Scultura, e Diego Marcon, vincitore del concorso insieme a Francesco Arena e David Horvitz.
La direzione di Edoardo ha dato il via a una vera e propria rivoluzione in casa Henraux: la nuova giuria da lui introdotta e presieduta – Ilaria Bonacossa (direttrice di Artissima), Eike Schmidt (direttore della Galleria degli Uffizi), Roberta Tenconi (curatrice del Pirelli Hangar Bicocca) e Andrea Viliani (direttore del Madre) –, coadiuvata dalla commissione dell’Accademia dell’Altissimo, ha riletto il premio in una chiave molto più concettuale e in un’ottica più internazionale.
Che sia arrivata aria nuova s’intuisce dalle parole che lo stesso Bonaspetti usa nel catalogo pubblicato per l’occasione: “Il Premio Fondazione Henraux è un progetto ambizioso e articolato, rivolto allo sviluppo della ricerca attorno alle potenzialità del marmo. Le proprietà di questa materia non sono solo legate alla scultura in senso tradizionale ma ad ambiti di pensiero e di creazione innovativi”.
E infatti le tre opere vincitrici – cui si aggiunge quella del collettivo Anto.Milotta / Zlatolin Donchev che ha ricevuto una menzione speciale – che per due anni, fino alla prossima edizione, rappresenteranno Henraux nel mondo, esprimono una nuova visione e inviano un messaggio forte e chiaro: la celebrazione della storia e della tecnica dell’azienda, protagoniste delle scorse edizioni, lascia ora il posto a un nuovo universo simbolico cha ha più a che fare con l’innovazione, con l’eccellenza, con un orizzonte internazionale.
In una parola: con il futuro.
Perché è a questo, e a molto altro di più intangibile, di più legato alla dimensione dell’incanto, che l’arte contemporanea più attuale, i linguaggi espressivi più nuovi, danno accesso: un mondo pregno di segni cui un’azienda come Henraux – piena di storia e di storie da raccontare – può attingere per arricchire la propria identità.